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Roma, 01/06/2007 ore 9.36.04
««« Via Speciale e delega di Visco congelata Il piano di Prodi per evitare la crisi

"Non ci possiamo permettere di rischiare così tanto". Romano Prodi è in fibrillazione da una settimana. La vicenda Visco-Speciale sta diventando qualcosa di più di una semplice spina nel fianco. E' una mina piazzata sotto il tentativo di "far cambiare passo al governo". Una querelle sulla quale la maggioranza, almeno fino ad oggi, non può fornire al Senato tutte le garanzie. Una bomba che Palazzo Chigi vuole disinnescare prima che sia troppo tardi. Prima che l'Unione non si ritrovi (mercoledì prossimo) in minoranza a Palazzo Madama e con il foglio di via verso le dimissioni.

In gioco, allora, c'è la delega che esercita Visco sulla Guardia di Finanza e la permanenza nel suo ruolo di Roberto Speciale, il capo dei finanzieri. E già, perchè il governo a questo punto vuole affrontare tutto contemporaneamente. Prodi e i leader dell'Ulivo hanno già messo a punto il loro piano. Un "Piano in tre mosse". Che superi le resistenze del vice di Padoa-Schioppa a rinunciare alla sua delega e abbia come premessa il "licenziamento" di Speciale. Perchè sia mercoledì scorso che ieri, il Professore e il ministro dell'Economia hanno formulato una precisa richiesta a Visco: "Rimetti la delega sulla Finanza. La gestirà il ministro fino a quando la vicenda processuale in corso non si sarà chiarita. Poi te la restituiremo. Sappiamo che sei una persona per bene. Ma se andiamo in questa situazione al Senato, salta tutto". Un ragionamento che anche ieri il viceministro ha rigettato sdegnosamente. Ha presentato un memorandum di 20 pagine al presidente del consiglio e alle insistenze dei suoi interlocutori ha ripetuto: "Se mi chiedete questo, allora vuol dire che non vi fidate di me. Per me è come una richiesta di dimissioni".

Insomma è fermissimo. Tant'è che a domanda diretta stizzito risponde: "Riconsegnare la delega? Nessuno me ne ha mai parlato e comunque nessuno si azzardi a parlarmene".

Il "Piano" punta dunque a bypassare il suo "non posso". I dettagli saranno definiti oggi al vertice dell'Unione. La prima mossa, però, sarà la sostituzione del Comandante della Gdf. Il Consiglio dei ministri verrà convocato ad hoc per procedere alla rimozione e alla nomina di un nuovo vertice. Già la scorsa settimana Prodi aveva ammonito: "Non faremo come con Pollari". Non vuole che lo scontro si trascini per troppo tempo. E il tempo, appunto, sembra scaduto.

La seconda mossa: è convincere Antonio Di Pietro e tutti i "ribelli" del Senato a bocciare le mozioni della Cdl e a ritirare le loro. Con un impegno, ossia la terza mossa: subito dopo il voto a Palazzo Madama, Visco rimetterà a Padoa-Schioppa la sua delega. Che subirà una sorta di "sospensione" in attesa che la vicenda si risolva. Dopo di che la delega gli verrà restituita. Un piano articolato, quindi, per difendere "l'onorabilità" dell'esponente Ds e mettere al riparo l'esecutivo. Che già non gode di ottima salute, soprattutto a Palazzo Madama.

Del resto, dopo le amministrative dello scorso week end nell'Unione si è di nuovo affacciato l'incubo della crisi. Alimentato proprio dal caso Visco. Non per niente, un po' tutti ormai parlano della cosiddetta "Soluzione B". Così l'hanno definita l'altro ieri mattina all'ufficio di presidenza della Quercia. "Dobbiamo andare avanti - ragionava Piero Fassino - ma se il governo non ce la fa dobbiamo porci il problema del che fare".

L'argomento è stato ieri al centro persino di un faccia a faccia tra Walter Veltroni e Fausto Bertinotti. Sullo sfondo l'ipotesi di un esecutivo istituzionale, che coinvolga in primo luogo i centristi di Casini. "E' ormai chiaro - spiegava ieri il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa - che si va verso un governo Marini. O magari Dini, oppure Mancino. Un governo che faccia la riforma delle pensioni, la legge elettorale, i regolamenti parlamentari e un po' di riforme istituzionali. Un paio di anni".

Un orizzonte che lascia perplesso Silvio Berlusconi ("preferirei un governo elettorale") ma che intravede pure Clemente Mastella. "Se un ministro presenta la sfiducia ad un viceministro, vuol dire che è proprio finita. Se cade Prodi, però - avverte il Guardasigilli che ha parlato a lungo con Casini - , io mi riterrò libero". E Giorgio La Malfa, leader del Pri schierato con la Cdl, scommette addirittura sul rimescolamento dei poli: "Il centrosinistra, se vuole salvarsi, deve puntare sul governo istituzionale lasciando la sinistra radicale e mettendo dentro noi e l'Udc. Poi ci presenteremo al voto come i moderati contro la destra".


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Ultimo aggiornamento pagina: 22/6/2007 05:20:27
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